Un’intervista a tutto campo con Pierluigi Bersani, con un’esperienza decennale in politica: parla senza veli l’ex segretario Pd.
Pierluigi Bersani – membro del Partito Comunista Italiano, poi dei Democratici di Sinistra, e anche Presidente della Regione Emilia-Romagna dal ’93 al ’96 – si mette comodo, con un sigaro in bocca, pronto per una lunga intervista con Fanpage.it.
Bersani sul caso Vannacci
La conversazione inizia sul caso Vannacci, sulle polemiche che hanno scatenato le sue affermazioni omofobe all’interno del suo libro. Quando lo leggi, pensi “sciogliamo l’esercito, sciogliamo le Istituzioni e facciamo un grandissimo bar, il bar Italia. Però mi resta una domanda: se in questo bar è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile dare del coglione a un generale?“, esordisce Pierluigi Bersani.
Nonostante tutto, nessuna querela sarebbe arrivata nei confronti del generale: “Sarebbe stato bello che in un’aula di Tribunale si discutesse del fatto se è più grave dare dell’anormale a un omosessuale o del coglione a un generale”, afferma l’ex deputato Pd.
Tuttavia, le tematiche che solleva Vannacci “noi pensavamo fossero cose acquisite, al più un tema di buona educazione come non mettersi le dita nel naso. Un tema da politicamente corretto, che giustamente la gente non sopporta, più che di diritti civili”.
La questione è che non bisogna puntare il dito contro chi usa determinati termini, ma “spiegare che quello era il modo con cui venivano chiamati gli schiavi, che dietro quella parola c’è stato del sangue, della lotta, delle sofferenze. Chi le sa, queste cose? Le sanno i dotti. Per la gente comune è solo una forzatura”.
Per Bersani serve una politica che richiami al civismo. “Noi senza questo, senza un’azione collettiva, non siamo in grado di affrontare questa marea”, dichiara.
Il ruolo della sinistra
Secondo Pierluigi Bersani, la sinistra sta iniziando a comprendere i punti fondamentali: riconnettersi alle questioni sociali, a cominciare dal lavoro, e mettere in piedi un’alternativa. “Perché tu puoi dire qualsiasi cosa, ma se non la carichi su un carro che abbia la possibilità di marciare, prevale l’affidarsi a quel che c’è, prevale la sfiducia, prevale la sensazione di un voto di scarsa utilità”, evidenzia.
“Bisogna darsi una mossa. Affidarsi troppo al fatto che questi dovranno registrare i propri fallimenti è velleitario. Che sull’immigrazione non stanno combinando un tubo lo vede anche un bambino. Ma magari uno pensa che si, ok, non stanno combinando un tubo, ma almeno la pensano come me”, chiosa Bersani.
Ma anche sull’immigrazione c’è da combattere, e “questa battaglia la vinci solo se convinci gli italiani che noi abbiamo un bisogno estremo di un’immigrazione regolare. Non ci sono scorciatoie”.
“Schlein, datti una mossa!”
La nuova segretaria del Pd, Elly Schlein, sarebbe stata capace di attuare i due punti fondamentali prima citati. “Secondo me ha vinto proprio per quello”, dichiara l’ex segretario dem.
Ma Bersani vuole dare qualche consiglio anche a lei: “Il primo: aumenta il livello della discussione politica. Riunisci la direzione, anche tutte le settimane. E metti lì i temi”. E poi, se c’è un problema divisivo, “non spaventarti. Se non hai una linea di partito sulla maternità surrogata, fa partire una discussione”.
Come secondo consiglio invece: “Continua la fase di apertura. C’è un sacco di gente che vorrebbe sentirsi dire, come disse Berlinguer quando entrai io, “entrate e cambiateci”. Tutto questo si riassume in: hai fatto 30? Fai 31. Non limitarti a fare 29″.
Bersani: “Manca la generosità”
Per Pierluigi Bersani al nuovo Governo manca la generosità. “Manca l’idea che man mano che si disvela cos’è questa destra, sarà più apprezzato chi è più generoso nel combatterla. Questo ancora non appare”, afferma.
Tuttavia, non si tratta di una missione impossibile, il problema è “con quale rapidità e con quanta convinzione. Per me il problema più serio, anche se può apparire marginale, è che la sinistra quando ha vinto ha sempre avuto al suo interno una cultura liberal-democratica”.
Messaggio a Carlo Calenda
Riferendosi a Carlo Calenda, Bersani dice: “Tu che ti definisci azionista e hai la foto di Rosselli nel tuo studio. Tu lo sai che i fratelli Rosselli combattevano con gli anarchici, durante la resistenza? La cultura azionista è stato sempre un preziosissimo interlocutore di un campo di sinistra”.
“Purtroppo c’è quest’attrazione fatale verso un centro in cerca di autore. Anche se ormai non esiste da nessuna parte in Europa un centro che diriga il traffico. Ormai si organizzano tutti in campi alternativi plurali al loro interno. E invece noi siamo qui a menarla ancora col centro. Anche, mi pare, per eccesso di narcisismo“, aggiunge l’ex segretario Pd.
Renzi voleva lasciare il Pd nel 2013
Nella stagione 2011 e 2013, la bufera contro Prodi al Quirinale, poi la decisione di concedere a Renzi la partecipazione alle primarie di coalizione e di fare maggioranza con Berlusconi nel governo Monti. Dopo dieci anni, Bersani confessa di aver avuto “elementi indiscutibili, di cui poi successivamente ho avuto conferma, che se non avessi fatto partecipare Renzi alle primarie di coalizione, lui avrebbe strappato la tessera, raccolto le firme, e partecipato lo stesso“.
“Aveva fatto il giro delle sette chiese da qualche personaggio chiave per capire se quella era la strada, e gli avevano detto sì. Io lo feci partecipare, convinto di batterlo sul campo“, aggiunge.
Dopo i 101 che affossarono Prodi, i suoi amici gli chiesero di candidarsi al congresso dopo le dimissioni. “Ma i 101 erano tanti. Avrei vinto, ma sarebbe stato un frontale distruttivo dentro il partito, un patatrac di proporzioni storiche. Non potevo non prenderne atto”, spiega Bersani.
La rinuncia di un governo Bersani
Poi si tocca un altro punto: perché Napolitano non gli diede l’incarico per un governo Bersani? “Io avrei potuto fare un governo, allora. Berlusconi ci sarebbe stato. Ero io che non ci stavo. Io ci stavo solo per un governo del cambiamento. Quando lo dissi, anche nel Pd, mi guardavano con compatimento. Ecco: in quel compatimento c’è l’errore storico del Pd”.
L’ex deputato Pd fa riferimento al fatto di “ritenersi il punto di equilibrio del sistema”. “La Dc era il punto d’equilibrio del sistema, per definizione. Allo stesso modo, il Pci doveva mostrarsi responsabile, una volta sul terrorismo, un’altra sull’inflazione. Queste due forze originarie erano legate culturalmente e politicamente al fatto di governare per tenere assieme il sistema”, chiarisce.